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lunedì 30 luglio 2007

Si ragiona sul mondo (dei giovani)

Quando si ragiona sul mondo
dei giovani bisogna sempre stare
attenti a non tirare giù con l'accetta
giudizi troppo netti: solo negli
ultimi anni ho avuto alunni punk
imbullonatissimi, candide evangeliste
che non potevano ascoltare
neanche la radio, ultras nazisti
pronti a sfasciare il mondo, testi- .
monidiGeova,coatti imbufaliti, volenterosi
frequentatori di biblioteche,
ragazzi sonnambuli o sveglissimi,
tutto e il contrario di tutto. Rinchiudere
questa molteplicità frastagliatissima
nella scatola quadrata
di una sola spiegazione sarebbe
un'ingiustizia.

Una cosa però è certa:
quasi tutti gli studenti che ho conosciuto
hanno difficoltà enormi a scrivere in italiano.

Quasi mai il tumulto
di pensieri, sentimenti, fastidi,
incertezze che li traversa riesce a
tradursi in parole semplici e chiare.
Fino a cinque minuti prima di
prendere la penna in mano per cominciare
ascrivere livedo discutere
tra loro animatamente, raccontare
e commentare, ridere e scherzare,
litigare: sembra che dentro abbiano
un Vulcano di parole pronte a versarsi
sul foglio bianco. E invece subito
cala il silenzio: penne mordicchiate
per ore, vocabolari sfogliati
avanti e indietro alla ricerca della
parola con cui iniziare, scarabocchi
e pupazzetti sui bordi del nulla. È
come se fossero chiamati a esprimersi
in una lingua straniera, senza
colori, lontana, minacciosa: la lingua
degli adulti tristi. E così, superando
a fatica quel mutismo iniziale,
iniziano a scimmiottare i ragionamenti
ascoltati distrattamente a
tavola o alla televisione. Le parole si
incastrano una nell'altra come i
bianchi, i neri e i grigi di un quadro
astratto. Le frasi sono legna bagnata
da cui esce solo un fumo che copre
ogni franchezza. Ogni volta attribuiscono
la colpa alla traccia del
tema, che non va mai bene, neanche
quando li invita a parlare di loro
stessi, della loro vita, dei loro gusti e
disgusti. Ogni slancio si blocca in
una prudenza asfittica, ogni fuoco
si spegne in una cenere fredda. Ecosì
alla fine i temi si somigliano tutti,
quelle infinite differenze che prima
elencavo si appiattiscono in una
lingua amorfa, scombinata perché
vuole essere razionale, esangue
perché non rischia nulla.
Il compito più difficile di un insegnante
è convincere un ragazzo a
esprimersi interamente, con gioia o
con rabbia, raccontando ciò che
dawero sa, ciò che ha visto, che ha
pensato. Tutta la freschezza e la libertà
della nostra lingua si rattrappisce
in un crampo enon comunica
più niente, finge di ragionare e zoppica
a vuoto. lo ormai credo di aver
capito dov'è l'intoppo.
L'italiano.ufficiale, compreso quello della
scuola, è diventato come il latino di
Azzeccagarbugli, che simula una
serietà solo per nascondere il deserto.
I ragazzi provano malamente a
imitarlo perché lo temono.

La nostra non è più la lingua vivace dei
poeti, dei mercati, dei cantastorie e
delle pettegole, ma quella degli
astratti e smisurati commenti che
soffocano il testo, dei politiciche ripetono
le loro frasifatte, dei verbali
logorroici che coprono la naturalezza
dei fatti.

Il nostro paese sta invecchiando
anche nella lingua,
sempre più arida e imbrogliona.
Così, quando sono costretti a scrivere due
paginette, gli studenti sentono
di dover mentire: per entrare
nel mondo che hanno davanti scrivono
senza onestà e iniziano a tradire
la loro vita.

UNASCRITTURA
CHEHAPERDUTO
GIOIA E RABBIA

MARCO LODOLI

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