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sabato 15 settembre 2007

poesie dell'adolescente maturo

Io ti voglio
Tu non mi vuoi
Io ti dico che ti voglio
Tu non dici che non mi vuoi
Io sono un ingenuo
Tu sei una calcolatrice

Ebbene, questi versi dell'editor ventenne, sono pura matematica sentimentale, algebra applicata all'esistenza dolente della scrittura del mondo. Se la combinatoria non si vede è perchè forse non si bada al dramma mentre si calcola il ritmo e si batte il piede sull'economia. Provate a non considerare la meschinità dell'io narrante, l'opacità etica dell'essere desiderante, tralasciate di pensare al genere femminile come si rappresenta - considerate questa macchina per quello che è, una schiacciasassi con bitumatrice, e i segni per terra della circolazione auto-mobilista.

venerdì 7 settembre 2007

ai professionisti della ricerca

E' come all'Università che si studia sui libri come massima tecnologia per la diffusione del sapere, e la sua creazione, tollerando internet con la sua disinformazione/confusione. L'interattività e il capovolgimento dei paradigmi creati continuamente dal Digitale sono una bestialità intollerabile. La stessa scuola attiva novecentesca è al massimo una sinecura dei "formatori" per allevare i bimbi e gli scolari.



vedi M.Augè, allora

il mio sogno è realizzare un'utopia dell'educazione: progressiva e che abbia per oggetto lo sviluppo dell'individuo. Sento già le obiezioni: « Bella idea, ma come realizzarla? Gran parte del bilanci pubblici è già dedicata all'educazione». Obiezioni come questa non hanno senso. L'accusa d'irrealismo è una tenaglia che stronca sul nascere qualsiasi proposta di rinnovamento radicale.Mentre l'ignoranza, in questo inizio di XXI secolo, è progredita.
Più esattamente, cresce continuamente il divario tra i saperi specializzati e la cultura media di coloro che non sanno. Forse - obietta qualcuno - non sarebbe neppure il caso di dirlo, per non spaventare, È vero: le parole fanno,più paura dei fatti. Ma il mondo in cui viviamo non è così pudico da richiedere di tacere un fatto enorme e determinante per l'avvenire dell'umanità, e cioè che più la scienza progredisce,meno si spartisce fra tutti.
Non è sufficiente constatare che i saperi tradizionali si perdono perché non hanno più alcuna ragione d'essere: bisogna aggiungere che il fenomeno non comporta l'accesso a nuovi saperi, casomai il contrario. Succede lo stesso in campo linguistico: non basta deplorare la scomparsa delle diversità idiomatiche, occorre anche dire che a essa non corrisponde una maggiore conoscenza delle lingue principali. Il risultato è l'infermità linguistica, espressione tragica del legame tra perdita del passato e chiusura dell'avvenire.
È proprio nel campo della conoscenza che diventa più profondo il divario tra Paesi sviluppati e sottosviluppati. La maggior parte del mondo è incapace di comprendere la posta in gioco nella ricerca scientifica. Fenomeni come la fuga di cervelli verso le università americane, o l'esistenza di settori scientifici di punta in Paesi per altri versi sottosviluppati,
come quelli asiatici, non cambiano nulla: la linea di demarcazione tra conoscenza e ignoranza attraversa gli Stati sviluppati. Il giornale Le Monde ha dato risalto a una ricerca dell'agenzia governativa Usa National Science Foundation, secondo cui solo metà degli americani sa che occorre un anno perché la Terra giri intorno al Sole. Secondo altri studi, la maggior parte di essi crede ai miracoli, la metà ai fantasmi e un terzo all'astrologia. In questo contesto, si spiega !'incalzare dei creazionisti nelle università.
Gli studenti più brillanti degli atenei Usa sono asiatici (dal '99, nei corsi d'ingegneria gli stranieri hanno superato gli americani), ma Io sviluppo scientifico in Asia porta
con sé considerevoli disuguaglianze. E le situazioni africana e mediorientale sono ancora più disperate. Più vicino a noi, basta guardare le differenze tra quartieri senza grandi problemi e quartieri difficili, tra élite e classi sfavorite. Il sistema scolastico non crea uguaglianza, bensì riproduce disuguaglianza.
Su scala mondiale, c'è un abisso tra chi ragiona sulle grandi ipotesi - dalla costituzione dell'universo all'apparizione della vita - e chi non ha nemmeno accesso all'alfabetizzazione. Inoltre, poiché il patrimonio filosofico dell'umanità è spesso ostaggio della violenza, dell'ingiustizia e della diseguaglianza, si arrocca su forme religiose
più o menorozzee intolleranti.
Come invertire la tendenza? Non con un colpo di bacchetta magica, né con le preghiere. L'utopia vera, oggi, è l'educazione. Se l'umanità fosse eroica, si accontenterebbe di sapere che la conoscenza è il suo fine ultimo. Se fosse generosa, comprenderebbe che la divisione dei beni è la soluzione più economica, come dice Marcel Mauss in Saggio sul dono (Einaudi).Se fosse cosciente di se stessa,non lascerebbe che il gioco dei poteri arrivi a oscurare l'ideale della conoscenza. Ma l'umanità, come tale, non esiste: non ci sono che uomini, e cioè società,gruppi, poteri... e individui. II paradosso è che, al sommodi questo stato di diversità e d'ineguaglianza,si realizza la mondializzazione.I più oppressi degli oppressi hanno coscienza di appartenere allo stesso mondo dei più ricchi e potenti, e e viceversa. Mai gli uomini sono stati in una situazione migliore per pensarsi come umanità, e mai l'idea di uomo generico è stata tanto presente nelle coscienze individuali. D'altro canto, non sono mai state così forti le tensioni
dovute alle differenze di potere e di ricchezza,o all'invadenza degli schemi culturali totalitari. Eroismo,generosità, coscienza non sono assenti dai gruppi umani: esistono, ma si mescolano ai rapporti di forza, alle necessità del presente,alle pigrizie.
Occorre domandarsi se l'utopia di un mondo senza dei, senza pauree ingiustizie, in grado di assicurare il benessere di tutti e di consacrarsi all'avventura della scienza, ha ancora una qualche forza mobilizzatrice. L'avvenire del pianeta non può configurarsi come quello di un'élite più o meno ristretta. Se l'ideale della ricerca, della scoperta, dell'avventura riuscirà a diventare l'unico, le conseguenzenon saranno di poco conto. La questione delle finalità dovrà essere esplicitamente posta e risolta. In una società
governata dal solo ideale di ricerca, non si possono tollerare né disuguaglianza né povertà; le ingiustizie sociali sono intellettualmente ridicole, economicamente svantaggiose
e scientificamente pregiudizievoli.
L'utopia da costruire e da realizzare - quella che può orientare sia i differenti tipi di scienze sia gli osservatori del sociale, gli artisti, gli economisti - è l'utopia di un'educazione per tutti, tanto necessaria alla scienza quanto alla società.Dunque, ai professionisti della ricerca e dell'insegnamento va ricordato che il progresso scientifico dipende in larga parte dalla rivoluzione sociale dei loro settori.
Un'utopia dell'educazione può definirsi solo come un'utopia pratica e riformista, anche se questi termini sembrano in contraddizione.Essa non potrà certamente nascere da un
qualunque desiderio di governare in nome del sapere. Il sapere, al contrario dell'ideologia,non è una totalità né un punto di partenza. Si tratta di governare in vista del sapere, di assegnarsi il sapere come fine individuale e collettivo.Si tratta, infine, di fare una ra
gionevole commessa: il giorno che sacrificheremo tutto al sapere, avremo, oltre ad esso, iustizia e ricchezza.
(Testimonianza raccoltada F.Frediani)
18AGOSTO2007

casca l'asino

On 2007-09-06 15:35, Omar Iaconianni wrote: Vorrei portare a questa discussione il contributo del filosofo Tullio Gregory che, sulle pagine de "ilSole24ore" parla appunto dell'attendibilità delle fonti di wikipedia...

Il sapere a portata di clic
E' recentemente comparso sul "Corriere delle comunicazioni" (supplemento del "Corriere della sera", 15-28 gennaio) un articolo dal titolo forse un po' ambiguo ("Wikipedia ci rende un po' più provincia"-), ma del tutto chiaro nella sua tesi centrale, non nuova: "Oggi nessuna enciclopedia che non cresca automaticamente può definirsi completa, quando il tasso di aggiornamento dei temi è imposto dal turnover mozzafIato di Internet. Nessun testo può reggere questo ritmo se non si dota di procedure "wiki", come appunto Wikipedia, cioè una cooptazione di collaboratori gratuiti e volontari con una rete di grandi numeri che fa premio su eventuali errori e incompetenze attraverso una continua verifica incrociata da parte degli utenti".

Il tono assertivo e profetico lascia quanto meno perplessi: in realtà, le informazioni che Wikipedia pretende di dare sono una congerie di notizie, disorganica, non certificata, quindi inaffidabile e talora fuorviante (ben diverso il caso citato delle riviste scientifiche on line). Le voci di un'enciclopedia - cartacea o in rete - devono presentare
un'informazione criticamente vagliata in un contesto di saperi organicamente e responsabilmente costituito, certificato dagli autori e dall' editore.
I confronti sono anche troppo facili: l'autore dell'articolo legga la voce Aristotelele su Wikipedia, limitata a poche notizie raccogliticce sull'Aristotele perduto con rinvii che non servono a ricostituire il pensiero del fùosofo; la confronti con la voce scritta da Enrico Berti per l'Enciclopedia filosofica, recentemente edita da Bompiani, e giudichi
quale sia la più completa e "aggiornata".
Si invocherà la rapida obsolescenza del sapere scientifico cui farebbe fronte la rapidità e coralità di Wikipedia: allora si legga la voce Coerenza, in Wikipedia banalmente definitoria, limitata all'ottica classica senza affrontare gli aspetti associati alla meccanica quantistica. Altro tema attuale e non marginale, Analisi numerica: Wikipedia offre uno scarno elenco di questioni di scarsa utilità per il lettore che non conosca l'argomento; sicché, per esempio, la "stima dell'errore" perde tutto il suo valore.
Ancora, si prenda la voce Relatività che presenta su Wikipedia la consueta struttura parcellare e additiva con salti da semplicità a difficoltà insormontabili, quando per esempio introduce ex abrupto le equazioni del campo ravitazionale come fossero semplici espressioni algebriche; si legga la stessa voce in Encyclopaedia Britannica, su supporto informatico, ove lo svolgimento della voce è sistematico e coerente.
Quanto all'aggiornamento scientifico, mancano nell'edizione italiana voci come Biosensore e Optoelettronica, presenti nell'edizione inglese; in campo umanistico s'ignora persino tutto il dibattito sul concetto di Confine (voce assente) al centro della nuova problematica sui fondamenti del diritto; si veda la voce di Natalino Irti in Encicclopedia Italiana-XXI Secolo.
Si può continuare sugli aggiornamenti, garantiti da Wikipedia nella voce History of Israel si ignorarano i negoziati di Camp David del luglio 2000, e quelli di Taba del gennaio 2001, avvenuti fra E. Barak, Arafat e B. Clinton: furono gli ultimi negoziati diretti tra israeliani e palestinesi a un passo dall'accordo (v'è è solo un rinvio alla Carta proposta da Barak, con data sbagliata).
Per le scienze, nella voce Astrofisica è persino ignorata la fondamentale cartografia 2dFRS (Two degree Field Redshift Survey).

Il mito di Wikipedia ("figlia di una cooperativa", direbbero a Roma) va demitizzato (la voce Demitizzazione manca),

come pure il mito della rete che, se non è controllata e certificata, è principio di disinformazione e di confusione.
Così come è stata demitizzata la profezia sulla fine della Galassia Gutenberg; il libro non circola solo in Italia, vittima secondo l'articolista, del "cultural divide" ("il libro regge solo se si gioca sul cultural divide - c'è anche quello, non solo il digital - dell'Italia..."-).
Al contrario, il libro rimane una delle più valide misure per valutare i livelli di istruzione di un paese. L'autore dell'articolo legga pure Dante o Goethe, Darwin o Heisenberg in Internet, ma non trascuri Homo videns, di Giovanni Sartori, che non viaggia in rete.


Tullio Gregory (da IL Sole 24 Ore del 28 febbraio 2007)




Il Nostro analizza da par suo Wikipedìa come parodia dell'Enciclopedia, ma poi tradisce la sua vecchiaia equiparando Wikipedìa alla Rete. Il Nostro non conosce Google e Bittorrent, Linux e Apache.
Come tutti gli accademici ignora che esiste la vita, anche e soprattutto in Internet.

casca l'asino gregory


Il mito di Wikipedia ("figlia di una cooperativa", direbbero a Roma) va demitizzato (la voce Demitizzazione manca),

come pure il mito della rete che, se non è controllata e certificata, è principio di disinformazione e di confusione.
Così come è stata demitizzata la profezia sulla fine della Galassia Gutenberg; il libro non circola solo in Italia, vittima secondo l'articolista, del "cultural divide" ["il libro regge solo se si gioca sul cultural divide - c'è anche quello, non solo il digital - dell'Italia..."].
Al contrario, il libro rimane una delle più valide misure per valutare i livelli di istruzione di un paese. L'autore dell'articolo legga pure Dante o Goethe, Darwin o Heisenberg in Internet, ma non trascuri Homo videns, di Giovanni Sartori, che non viaggia in rete.




Confondere una pseudo-enciclopedia con la Rete, o con Internet, è come dire che la vita non è attendibile se non c'è una cultura accademica che la validi preventivamente. Povero Prof. Gregory! E pensare che è da tempo il massimo consulente per il ministero dei Beni Culturali per le questioni del digitale: e si vedono gli effetti.

Gregory è terrorizzato dalla pervasività della cultura di rete, frena, argomenta (anche bene, ovviamente), s'ingegna e alla fine si rifugia sul solito "Calma e gesso, ragazzo", leggiti Giovanni Sartori ....per capire la rete .. ah ah ah!!

E' come all'Università che si studia sui libri come massima tecnologia per la diffusione del sapere, e la sua creazione, tollerando internet con la sua disinformazione/confusione. L'interattività e il capovolgimento dei paradigmi creati continuamente dal Digitale sono una bestialità intollerabile. La stessa scuola attiva novecentesca è al massimo una sinecura dei "formatori" per allevare i bimbi e gli scolari.